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I giornalisti obiettivi vengono messi all’indice dai pacifinti

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Sembra incredibile, ma pochi giorni fa il quotidiano Il Manifesto, riprendendo così una dichiarazione del signor D’Alemmah che vorrebbe una informazione che seguisse i dettami della disinformazione classica propalestinese che vigeva in questo paese fino a qualche anno fa, e che vige purtroppo ancora oggi in alcune redazioni popolate di pregiudizio antisraeliano per non dire altro, ha pubblicato una lista di editorialisti che avrebbero avuto la colpa di essersi schierati a favore di Israele, quando invece la maggior parte di loro ha solamente riportato i fatti così come sono accaduti esprimendo poi la propria opinione.  Evidentemente per alcuni esponenti della Sinistra italiana redigere delle liste di proscrizione sembra essere diventata una costante….


bandierebruciate

BARUFFE NOSTRANE

di Pierluigi Battista

Ma è possibile svilire una crisi internazionale nelle beghe della provincia italiana? È possibile rimpicciolire la tragedia umanitaria di Gaza alle baruffe politiche italiane, alle rese dei conti nel cortile di casa, alle rivalità che fioriscono all’ombra delle nostre redazioni e negli angoli dei palazzi romani?

Se questo accade, come accade, è un vero peccato. Peccato perché è difficile trovare la strada giusta in un conflitto dove le ragioni e i torti non sono purtroppo concetti astratti e disincarnati. In una guerra che travolge fatalmente ogni confine tra la dimensione militare e l’esistenza di centinaia di migliaia di civili, tra l’incubo dei razzi Qassam che Hamas lancia sulle città di Israele e il terrore che attanaglia la gente di Gaza in balia dei soldati israeliani. Ci si accosta a quella guerra con timore e senza iattanza. Lo sappiamo al «Corriere», dove la comprensione per le ragioni di Israele non ha messo a tacere le voci critiche nei confronti del governo israeliano, da Amos Oz a Saeb Erekat, uno dei principali negoziatori palestinesi, allo scrittore franco-algerino Yasmina Khadra.

È sorprendente, perciò, che per spirito di baruffa polemica, il «manifesto» faccia nomi e cognomi di una pattuglia di editorialisti «pasdaran », deprecati come soldati della penna «allineati e coperti » sulla linea degli «aggressori » israeliani. Una legittima critica politica, beninteso, che tuttavia, visto il contesto, dovrebbe pur porre ai colleghi del «manifesto » il problema di interpretazioni, per così dire, molto più «radicali» e sbrigative.

Come è sintomo di un’incoercibile inclinazione alla rissa la reiterata attitudine del Massimo D’Alema di questi giorni ad accompagnare le sue pur interessanti analisi con battute rancorose sulla «rozzezza propagandistica di certi editorialisti nostrani » e sulla «tv italiana che è di fatto un bollettino israeliano ».

Giudizi sommari, pronunciati con una verve bellicosa in singolare contrasto con la compostezza che, su diversi fronti, stanno conservando il ministro Frattini e tutti, ma proprio tutti gli altri esponenti di spicco del Partito democratico. Parole, queste sì, dall’inconfondibile sapore «nostrano»: mentre il mondo discute del pericolo iraniano o della posizione del presidente eletto Obama, noi invece veniamo investiti da una piccola polemica casalinga, come se il dramma mediorientale si confacesse ai toni adoperati nelle guerricciole che dilaniano il Pd campano.

Rifiutando la rissa, e riflettendo sul D’Alema che equipara l’intervento in Israele a Gaza a una sproporzionata «spedizione punitiva», sarà invece il caso di fare attenzione ai conteggi (s)garbati di Andrea Marcenaro che sul «Foglio», commentando le osservazioni dalemiane secondo cui «non si può definire guerra un conflitto in cui muoiono 900 persone da una parte e 10 dall’altra», ricorda gli oltre 500 civili periti nelle scuole, negli ospedali, nelle ambasciate, negli autobus, nelle redazioni tv, nei treni, nelle carceri durante i «78 giorni di bombardamenti Nato» sulla Serbia e sul Kosovo nella guerra del ’99 notoriamente condivisa dallo stesso D’Alema: 500 vittime contro zero. Per meditare sugli orrori e gli squilibri di ogni guerra, anche di quella più «giusta», e per non disperdersi, attratti dalle ossessioni del cortile, in piccole diatribe «nostrane». Meno cruente, per fortuna.

(Fonte: Corriere della Sera, 14 Gennaio 2009)


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